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Lu rizzo ’ngrato

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LU RIZZO ‘NGRATO

‘Ngera na neva auta
‘nzimm’à la muntagna,
e nu rizzo sulitario
avìa perza la via re la casa.
All’intrasatta assette
ra jnt’à ‘nu purtuso
re na vuercia antica
‘nu sierpe solitario,
ca’ ra la capuzzedda se verìa
ca nunn’era cirtamente
re ‘na razza vilinusa.

“Cumpare sierpe,
rint’à la tana tova
me fai trase nu mumento
ca’ me ‘mboco li spinuozzi
e ‘ndoppa me ne vao
re corza a la casa mia?”

“Ma trasi pure, cumpare rizzo,
ca’ la tana mia è aperta a tutti,
e ‘nu pucuriddo re cauro
nun l’hao maje niato a nisciuno!
Trasi chianu chiano
e miettiti fraccommiro!”

Lu rizzo ra’ primma trasette
cu’ gran rugazione,
ma po’ s’allariava rint’à la tana
senza lassà ‘na stizza re spazzio
pe’ chiro puverieddo
ca’ se pungìa cu’ li spine re l’irzuto.

“Cumpà rizzo, t’hao fatto trasi,
ca’ fora ‘mburiava la timpesta,
ma lassame nu’ pucuriddo re tana
ca’ me pozzo armeno arravugliari.
Lu rizzo malamente e ‘ngrato le ricette:
“Cumbà: chi se pongia esse fora!!!”

Catello Nastro

E’ la solita storiella dell’ingratitudine umana. Non ci si può fidare proprio di nessuno e nemmeno, in taluni casi, aver pietà. La serpe, animale maltrattato nel mondo delle fiabe dell’antica civiltà contadina del Cilento, per ospitare e far riparare dal freddo il riccio ingrato, viene spinta fuori da costui che con le sue spine lo punge appropriandosi della sua tana. La scusa che trova è quella dei prepotenti che approfittano degli indifesi solo perché hanno le armi per offendere gli altri. Questa favola ha origini antichissime anche in altre civiltà. La cattiveria e l’irriconoscenza per il bene ricevuto sono un fenomeno ancora universale ed attuale.
(Traduzione a senso dal dialetto cilentano.)


 Loredana Savelli - 01/03/2011 08:06:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Sarebbe bello sentirla recitata.
Ciao

 Giuseppe Terracciano - 28/02/2011 21:00:00 [ leggi altri commenti di Giuseppe Terracciano » ]

Carina. Mi dispiace per il serpente. Rende molto bene l’idea anche tra gli umani. Un saluto

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